L’ipertensione è una patologia molto diffusa e rappresenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza di problemi cardiovascolari (ad esempio ictus, infarto, insufficienza cardiaca, problematiche renali), che possono provocare anche la morte di un soggetto. Difatti, studi statistici hanno dimostrato il fatto che l’ipertensione è uno dei fattori di rischio con il maggior numero di morti causate. Da un rapporto dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) emerge che, su scala mondiale, 1 adulto su 3 soffre di ipertensione, e nella maggior parte dei casi, non viene somministrato un trattamento adeguato.
Un soggetto viene considerato iperteso quando viene rilevato un aumento transitorio o prolungato della pressione arteriosa (BP) oltre alcuni limiti tali da indurre un danno cardiovascolare o da provocare conseguenze di entità negativa per la salute. I normali parametri della pressione arteriosa sono 120 mmHg per la sistolica (SBP) e 80 mmHg per la diastolica (DBP). Quando questa supera i normali valori può essere classificata secondo diverse linee guida e secondo diversi livelli di gravità, come mostrato nella tabella sottostante.
SBP | DBP | JNC 7 | 2017 ACC/AHA |
<120 | <80 | Normale | Normale |
120-129 | <80 | Preipertensione | Preipertensione |
130-139 | 80-89 | Preipertensione | Ipertensione livello 1 |
140-159 | 90-99 | Ipertensione livello 1 | Ipertensione livello 2 |
>160 | >100 | Ipertensione livello 2 | Ipertensione livello 3 |
Nella maggior parte dei casi questa patologia può essere associata a un aumento delle resistenze periferiche. In una minor parte, invece, può derivare da fattori endocrini che possono determinare ritenzione idrica, ciò porterà a un aumento del volume dei fluidi che a loro volta porteranno a un incremento della BP.
Poiché il cuore è l’organo adibito alla generazione della forza per far scorrere il sangue, più la BP è elevata e più esso dovrà generare una forza maggiore per spingere il sangue e far aprire la valvola semilunare aortica.
Ciò può determinare un ispessimento del tessuto contrattile del ventricolo sinistro.
Per l’ipertensione è stata stilata una “lista” dei fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di insorgenza e possono essere suddivisi in NON CONTROLLABILI e in CONTROLLABILI.
∙ NON CONTROLLABILI: età, storia familiare, sesso, razza;
∙ CONTROLLABILI: obesità, inattività fisica, fumo, sensibilità al sodio e assunzione di sali, inadeguata assunzione di potassio, uso eccessivo di alcolici, stress.
Questa patologia può essere controllata con una cura farmacologica. I farmaci più prescritti sono i diuretici e i betabloccanti: i primi per la loro capacità di ridurre il volume ematico; i secondi per la loro capacità di inibire i recettori beta-adrenergici portando a una riduzione della frequenza cardiaca. Tuttavia, un’arma a nostro favore è l’attività fisica, il quale potrebbe andare a stimolare alcune risposte fisiologiche, come quelle indotte dai farmaci. Ciò comporterebbe una riduzione o addirittura l’eliminazione della dose di farmaco prescritta.
Per far sì che ciò accada, l’attività fisica deve essere svolta seguendo determinate linee guida e protocolli sviluppati ad hoc rispettando le condizioni del paziente. Un soggetto iperteso può svolgere sia attività aerobica, sia attività contro resistenza.
Per ottenere benefici, l’attività aerobica deve essere svolta con intensità moderata, incrementata progressivamente, per almeno 5 giorni a settimana e con una durata ottimale di circa 30 minuti per sessione.
Questo tipo di attività ha la capacità di ridurre la pressione arteriosa di circa 5/7 mmHG e ridurre i rischi cardiovascolari del 20/30%. Inoltre, da alcuni studi è risultato che effettuare attività aerobica intermittente può apportare un notevole miglioramento sui valori di pressione arteriosa. Tali miglioramenti avvengono perché, sostenendo allenamenti ad intensità intervallata, vengono
stimolati il tono vasale e i riflessi barocettivi, andando ad agire sulle proprietà dei vasi (es. 30 min attività di aerobica divisi in 5min X 6 stage). Per quanto riguarda gli allenamenti contro resistenza, invece, un soggetto iperteso dovrà utilizzare carichi compresi tra il 60% e l’80% dell’1RM se già allenato, mentre un soggetto neofita inizierà con un carico del 40/50% dell’1RM. Tali allenamenti verranno svolti per 2/3 giorni a settimana con 2/4 serie da 8/12 ripetizioni per esercizio.
Diversi studi hanno dimostrato che allenamenti di forza ad intensità moderata per 16 settimane portano a una riduzione della pressione arteriosa di circa 14 mmHg.
Sono stati analizzati anche gli effetti di esercizi con contrazioni isometriche e di allenamenti concorrenti (forza + aerobico).
Per entrambe le tipologie di allenamento sono stati presi in esame sia gli effetti in acuto che cronici. Di seguito i risultati emersi.
Esercizi in contrazione isometrica:
– Effetti acuti: riduzione BP di 5 mmHg (fino a 7 ore dopo la fine dell’allenamento);
– Effetti cronici: riduzione BP di 4/6 mmHg.
Allenamenti concorrenti:
– Effetti acuti: SBP riduzione di 6/12 mmHg; DBP riduzione di 3/17 mmHg;
– Effetti cronici: BP media riduzione di 3,2/1,9 mmHg; SBP riduzione 2,2 mmHg.
Negli allenamenti concorrenti è consigliato svolgere prima la parte di forza e successivamente quella aerobica.
Se si prende in considerazione la produzione ormonale nell’arco delle 24 h, al soggetto iperteso si consiglia di praticare attività fisica di mattina.
L’attività fisica, inoltre, ha una notevole importanza anche nella prevenzione, essa riduce notevolmente il rischio di innalzamenti dei livelli di pressione arteriosa e quindi la successiva insorgenza di ipertensione. In questo caso, soprattutto per soggetti in uno stato di pre ipertensione si potrebbe evitare di andare incontro ad una somministrazione farmacologica perenne.
Di Manno Mattia